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    Il controllo giudiziario sulla gestione societaria ex art. 2409 c.c. nell’ambito delle s.r.l.

    L’analisi effettuata in questo documento si propone, in via preliminare, l’obiettivo di illustrare l’inquadramento degli aspetti funzionali dell’istituto giuridico del controllo giudiziario, mettendo in evidenza i caratteri principali richiamati dall’ art. 2409 c.c., che concorrono a qualificare il ricorso all’Autorità Giudiziaria come rimedio correttivo particolarmente incisivo sull’ amministrazione societaria contro gli atti di mala gestio.

    In tale contesto, sia la Corte di Cassazione che la Corte Costituzionale sono state, più volte, investite del compito di pronunciarsi sulla questione, per cercare di definire i termini del dibattito spesso controversi.

    PREMESSA

    La disciplina del controllo giudiziario sulla gestione delle società azionarie e cooperative prevista dall’ art. 2409 c.c., come emerge dal contesto normativo profondamente modificato a seguito della Riforma del diritto societario ex D. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, presenta un aspetto particolarmente controverso, oggetto di un acceso dibattito dogmatico e giurisprudenziale, che riguarda l’ammissibilità del ricorso all’ Autorità Giudiziaria, quale strumento finalizzato a preservare la correttezza dell’attività amministrativa, anche nell’ ambito di società che adottano il modello delle s.r.l., in particolar modo nell’ ipotesi in cui la nomina dell’organo di controllo sia obbligatoria ai sensi dell’art. 2477 c.c. La genesi della disputa che ruota attorno al tema in esame deriva da una mancata espressa previsione legislativa in tal senso, posto che l’istituto giuridico della “Denunzia al Tribunale” è collocato nel Capo V, Titolo V, Libro V del Codice Civile, ossia nel complesso di norme che regolano, in via esclusiva, le s.p.a. A ciò si aggiunga che nelle disposizioni contenute nel Capo VII, concernente la disciplina delle s.r.l., non è neppure previsto un espresso richiamo dell’art. 2409 c.c. come, al contrario, era contemplato dal previgente art. 2488, 3° comma, c.c. nel periodo pre-riforma e come, tuttora, è enunciato per le s.a.p.a., ex art. 2454 c.c. (che sancisce un rinvio generale alla disciplina delle s.p.a.) e per le società cooperative (escluse quelle esercenti attività bancaria ex art. 70, 7° comma, del D.lgs. 1° settembre 1993, n. 385), ai sensi dell’art. 2545-quinquiesdecies c.c.

    L’analisi effettuata in questa sede si propone, in via preliminare, l’obiettivo di illustrare l’inquadramento degli aspetti funzionali dell’istituto giuridico del controllo giudiziario, mettendo in evidenza i caratteri principali richiamati dall’art. 2409 c.c., che concorrono a qualificare il ricorso all’ Autorità Giudiziaria come rimedio correttivo particolarmente incisivo sull’ amministrazione societaria contro gli atti di mala gestio. Successivamente l’interesse si focalizza sulle tappe più significative della recente evoluzione giurisprudenziale, sia di merito che di legittimità che, sul tema dell’applicabilità dell’art. 2409 c.c. nelle s.r.l., ha elaborato soluzioni difformi, generate dalla formulazione di linee interpretative opposte, ossia di natura estensiva o restrittiva. In tale contesto, sia la Corte di Cassazione che la Corte Costituzionale sono state, più volte, investite del compito di pronunciarsi sulla questione prospettata, per cercare di definire i termini del dibattito in maniera conforme alla ratio sottesa alla Riforma del diritto societario e, contestualmente, ai principi costituzionali.

    A seguito della Riforma del diritto societario ex D.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 (“Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366”), il rinnovato assetto normativo in cui si inserisce lo strumento del “controllo giudiziario”, previsto dall’art. 2409 c.c., ha generato, in dottrina e in giurisprudenza, un ampio e controverso dibattito che si incentra sulla questione dell’ammissibilità di un’applicazione estensiva della tutela giurisdizionale anche in caso di gravi irregolarità compiute dagli amministratori di una s.r.l. .

     

    Più specificamente, l’istituto giuridico in esame, che risulta enunciato esclusivamente per le s.p.a. (nel Capo V, Titolo V, Libro V del Codice Civile), consente un potere d’intervento dell’Autorità Giudiziaria nella vita dell’impresa, al fine di verificare la correttezza amministrativo-contabile della gestione societaria e si esplica attraverso un procedimento diretto a rimuovere le irregolarità rilevate, in quanto foriere di potenziale pregiudizio alla società medesima o alle società da essa controllate. Segnatamente, il ricorso al Tribunale, quale organo terzo ed imparziale, rappresenta un efficace espediente a cui si ricorre allorché gli effetti prodotti dagli atti di mala gestio non possano essere eliminati attraverso gli ordinari strumenti correttivi endosocitari ed è finalizzato a ripristinare la legalità dell’attività amministrativa, con l’obiettivo di porre rimedio ai danni “attuali”, di scongiurare il pericolo di danni “futuri”, che possono pregiudicare la regolare gestione della società e di preservare l’integrità del patrimonio sociale.

     

    Nel contesto normativo post-riforma, la difficoltà per gli interpreti è sempre stata quella di definire il perimetro di operatività della disciplina in commento con specifico riferimento alle s.r.l., a causa della mancanza di indici testuali certi e determinati. Se da un lato, infatti, non sorgono dubbi interpretativi per quanto concerne l’estensione del controllo giudiziario sia alla s.a.p.a, in virtù di un espresso rinvio generale alla disciplina della s.p.a. operato dall’art. 2454 c.c., sia a tutte le società cooperative (escluse quelle esercenti attività bancaria ex art. 70, 7° comma, del D.lgs. 1° settembre 1993, n. 385), per lo specifico richiamo all’art. 2409 c.c., disposto dall’art. 2545-quinquiesdecies c.c.; dall’altro lato, invece, nelle disposizioni dedicate alle s.r.l, (nel Capo VII, Titolo V, Libro V del Codice Civile) emerge una sorta di vacuum legis che lascia spazio a non poche incertezze. In tale ambito, infatti, non è prevista una specifica disposizione ad hoc sul controllo giudiziario, né tantomeno un espresso rinvio all’art. 2409 c.c., come, invece, era contenuto nel previgente art. 2488, 3° comma, c.c. che, nella versione precedente alla Riforma del 2003, consentiva il ricorso all’intervento del Tribunale sia in presenza che in assenza dell’organo di controllo.

     

    Ciò premesso, ai fini di una ricostruzione sistematica del dibattito che ne è sorto, è opportuno richiamare i dati normativi più rilevanti su cui si sono edificate le diverse interpretazioni dogmatiche e giurisprudenziali, di carattere estensivo o restrittivo, succedutesi nel periodo successivo alla Riforma e di cui se ne espone, di seguito, la sintesi:

     

    • in primis, va menzionato il riferimento contenuto nell’art. 92 disp. att. c.c. che, sembra affermare l’estraneità delle s.r.l. al procedimento ex 2409 c.c., in quanto nel precisare gli effetti prodotti dalla nomina dell’amministratore giudiziario sull’amministrazione della società, menziona la s.p.a. e la s.a.p.a., ma non fa alcun riferimento alle s.r.l.;

     

    • di converso, presenta un tenore letterale opposto l’art. 13 della L. 23 marzo 1981, n. 91, come riformato dal cosiddetto “Decreto correttivo” (D. lgs. 6 febbraio 2004, n. 37), che sancisce espressamente l’applicabilità del procedimento di cui all’ art. 2409 c.c. alle società sportive che hanno la forma di s.r.l.; 
      • non va tralasciato, inoltre, il richiamo all’ art. 2477, 4° comma, c.c. (come da ultimo modificato dall ’art. 35, comma 2, lett. c) del D.l. 9 febbraio 2012, n. 5, “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo”, convertito, con modificazioni dell’art.

       

      1, 1° comma, della L. 4 aprile 2012, n. 35), il quale sancisce che, qualora in una s.r.l. la nomina dell’organo di controllo (anche monocratico) sia obbligatoria, si applicano le disposizioni sul collegio sindacale previste per le s.p.a.: in questa prospettiva se si tiene conto che lo strumento del controllo giudiziario costituisce parte integrante della disciplina relativa al collegio sindacale, si amplificano i margini di discussione sull’ applicabilità dell’art. 2409 c.c., soprattutto nel contesto appena richiamato;

       

      • infine è considerato un punto di riferimento significativo la Relazione illustrativa al D.lgs.

       

      17 gennaio 2003, n. 6, che definisce l’azione di responsabilità ex art. 2476 c.c. come un efficace strumento di tutela offerto al socio a garanzia della corretta gestione delle s.r.l., con funzione che potrebbe essere definita “surrogatoria” del controllo giudiziario e, più specificamente, sul punto ha precisato che: “(…) essa s’impernia sul principio secondo il quale, sulla base della struttura contrattuale della società, ad ogni socio è riconosciuto il diritto di ottenere notizie dagli amministratori in merito allo svolgimento degli affari sociali e di procedere ad una diretta ispezione dei libri sociali e dei documenti concernenti l’amministrazione della società. Da questa soluzione consegue coerentemente il potere di ciascun socio di promuovere l’azione sociale di responsabilità e di chiedere con essa la provvisoria revoca giudiziale dell’amministratore in caso di gravi irregolarità (art. 2476, terzo comma). Si tratta anche qui di una disciplina che corrisponde alla prospettiva secondo cui viene accentuato il significato contrattuale dei rapporti sociali.

       

      D’altra parte, è sembrato logico che sulla base di questa soluzione divenisse sostanzialmente superflua ed in buona parte contraddittoria con il sistema la previsione di forme di intervento del giudice quali quelle ora previste dall’art. 2409.