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    La rinuncia ai crediti dei soci verso la società e sua rilevanza tributaria alla luce del “Decreto internazionalizzazione”

    Il “Decreto internazionalizzazione” ha modificato significativamente il regime fiscale IRES applicabile alla rinuncia ai crediti dei soci verso la società; in particolare è stata prevista la rilevanza fiscale a titolo di sopravvenienza attiva di quella parte della rinuncia che eccede il valore fiscalmente riconosciuto del credito.
    Scopo del presente documento è quello di comprendere la portata e le finalità della novella normativa nonché individuarne i profili di criticità e le questioni che permangono irrisolte.

    L’articolo 13, comma 1, lettere a), b) ed e) del D. Lgs. 14 settembre 2015, n. 147 (c.d. “Decreto internazionalizzazione”) ha riformulato, con effetto dal 1° gennaio 2016, l’articolo 88, comma 4 e norme correlate (i.e. articoli 94, comma 6 e 101, comma 7) del D.P.R.22 dicembre 1986, n. 917 (c.d.“T.U.I.R.”) al fine di modificare significativamente il regime fiscale IRES applicabile alla rinuncia ai crediti dei soci verso la società; in particolare è stata prevista la rilevanza fiscale a titolo di sopravvenienza attiva di quella parte della rinuncia che eccede il valore fiscalmente riconosciuto del credito. La scelta del legislatore tributario è stata, quindi, quella di abbandonare un regime fiscale improntato alla totale e incondizionata irrilevanza fiscale per approdare ad uno caratterizzato da una rilevanza fiscale “variabile” della predetta rinuncia a seconda che il valore fiscalmente riconosciuto del credito sia o meno coincidente con il relativo valore nominale.

    Orbene, scopo del presente lavoro è quello di ripercorrere le vicende legislative in materia di rinuncia ai crediti dei soci, con uno sguardo prodromico ai profili societari e contabili della stessa, al fine di comprendere la portata e le finalità della novella normativa nonché individuarne i profili di criticità e le questioni che permangono irrisolte.

    L’articolo 13, comma 1 del D. Lgs. 14 settembre 2015, n. 147, “disposizioni recanti misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese” (c.d. “Decreto internazionalizzazione”), ha apportato rilevanti modificazioni a talune disposizioni normative del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (c.d. “Testo Unico delle Imposte sui Redditi”, di seguito “T.U.I.R.”), tra le quali figurano quelle ex articoli 88, comma 4 – bis (il quale sostituisce insieme ai nuovi commi 4 e 4- ter il previgente comma 4), 94, comma 6 e 101, comma 7, relative al regime fiscale riservato alla rinuncia ai crediti da parte dei soci (titolari di reddito d’impresa).

    La novella normativa de qua stabilisce la rilevanza fiscale della rinuncia ai crediti da parte dei soci a titolo di sopravvenienza attiva in capo alla società partecipata per la parte che eccede il relativo valore fiscale e reciprocamente l’incremento del costo della partecipazione nei limiti del valore fiscale in capo al socio; ebbene tale modificazione risulta di rilevante portata in quanto il previgente regime fiscale era rimasto sostanzialmente invariato dal 1993, quando a seguito di una progressiva estensione dell’ambito di applicazione della non imponibilità della rinuncia ai crediti da parte dei soci, il legislatore tributario era giunto a sancire la non imponibilità stessa in modo incondizionato.

    Secondo quanto specificato nel Principio contabile   28, la rinuncia dei soci ai crediti vantati nei confronti della società dà origine ad un apporto di patrimonio, indipendentemente dalla natura dei crediti e dunque sia che si tratti di crediti da finanziamento (intendendosi i finanziamenti, fruttiferi o infruttiferi, effettuati dai soci e relativamente ai quali la società ha l’obbligo di restituzione) che di natura commerciale.

    Nel suddetto Principio, è stato infatti precisato che «la rinuncia del credito da parte del socio – che si concretizza in un atto formale effettuato esplicitamente nella prospettiva del rafforzamento patrimoniale della società – è trattata contabilmente alla stregua di un apporto di patrimonio. Pertanto, in tal caso la rinuncia dei soci al diritto alla restituzione trasforma il debito della società in una posta di patrimonio netto avente natura di riserva di capitale».

    Nella precedente versione del Principio OIC 28 era, invece, espressamente previsto che il passaggio a capitale, generato dalla rinuncia al credito verso la società da parte del soci, riguardasse solo i “Versamenti a titolo di finanziamento” ovverosia quelli per i quali la società ha l’obbligo di restituzione; con riguardo a questi ultimi era specificato che si trattava «di importi che devono trovare collocazione in bilancio tra le passività, alla lettera D), punto 3)

    “debiti verso soci per finanziamenti”. Al riguardo, non è rilevante la natura fruttifera o meno di tali debiti, né l’eventualità che i versamenti vengano effettuati da tutti i soci in misura proporzionale alle quote di partecipazione: l’elemento discriminante va individuato esclusivamente nel diritto dei soci alla restituzione delle somme versate. Ne consegue che per questa tipologia di versamenti il loro eventuale passaggio a capitale necessita della preventiva rinuncia dei soci al diritto alla restituzione, trasformando così il finanziamento in apporto. Ha così natura di riserva di capitale quella che viene ad essere costituita con la rinuncia al credito vantato dai soci, sia per partecipare alla copertura della perdita, sia per futuri aumenti di capitale».

    La precedente formulazione del suddetto Principio prevedeva espressamente che i debiti iscritti nella voce D) 3) del passivo dello Stato Patrimoniale (“debiti verso soci per finanziamenti”) potessero trasformarsi in apporti (in seguito ad una preventiva rinuncia da parte dei soci al diritto alla restituzione) non specificando alcunché in merito alla rinuncia ai crediti di natura commerciale.

    Il principio contabile revisionato specifica che tale previsione si applica a qualsiasi credito, anche commerciale, purché la rinuncia del socio sia motivata da ragioni di carattere finanziario, non rilevando dunque, la natura del credito, ma la motivazione della rinuncia al credito da parte del socio. Motivazione quest’ultima che deve concretizzarsi in una formale manifestazione di volontà da parte del soggetto legittimato a esprimerla per conto del socio

    «effettuata esplicitamente nella prospettiva del rafforzamento patrimoniale della società»; finalità quest’ultima che risponde per lo più alle difficoltà finanziarie della società data la congiuntura economica. Ciò costituisce una spinta verso i soci a rinunciare a crediti per finanziamenti effettuati nei confronti della società debitrice o derivanti da un’operazione commerciale alla stregua di qualunque altro fornitore di beni o servizi, convertendo così tali debiti in apporti patrimoniali destinati ad incrementare le Riserve di Patrimonio Netto (voce A VII “Altre Riserve”) per ricapitalizzare la società, per copertura perdite o per eventuali operazioni di aumento di capitale sociale.

    Nell’ ipotesi in cui la motivazione sottostante la rinuncia sia invece di carattere commerciale, relativa ad esempio, a controversie inerenti la fornitura di beni (ad esempio in caso di contestazione di una fornitura per difetto della merce) la rinuncia al credito da parte del fornitore transita a Conto economico, in quanto dà luogo, per la società debitrice, ad una riduzione dei costi di acquisto o, qualora si verifichi in esercizi successivi, ad una sopravvenienza attiva.

    La rinuncia deve quindi avere sempre finalità di rafforzamento patrimoniale della società debitrice. In tal caso, la rinuncia dei soci al diritto alla restituzione «trasforma il debito della società in una posta di patrimonio netto avente natura di riserva di capitale».

    Come specificato nel Principio OIC 28, le riserve di capitale rappresentano le quote di patrimonio netto che derivano, per esempio, dalla rinuncia di crediti da parte dei soci (oltre che da ulteriori apporti dei soci, dalla conversione di obbligazioni in azioni, dalle rivalutazioni monetarie) . Tali riserve rientrano nella voce AVII “Altre riserve”; come previsto dal Principio contabile 28, nella voce A VII “Altre riserve” si classificano tutte le riserve che non sono già state iscritte nelle precedenti voci del patrimonio netto. Rientrano, ad esempio, in questa voce le seguenti riserve :

    «“Riserva per versamenti effettuati dai soci” che sorge in occasione di apporti dei soci effettuati con una destinazione specifica, quali:

    • I “Versamenti in conto aumento di capitale” che rappresentano una riserva di capitale, con un preciso vincolo di destinazione, la quale accoglie gli importi di capitale sottoscritti dai soci, in ipotesi di aumento di capitale scindibile, quando la procedura di aumento del capitale sia ancora in corso alla data di chiusura del bilancio (cfr. paragrafi 24-25);
    • i “Versamenti in conto futuro aumento” di capitale che rappresentano una riserva di capitale avente uno specifico vincolo di destinazione, nella quale sono iscritti i versamenti non restituibili effettuati dai soci in via anticipata, in vista di un futuro aumento di capitale;
    • i “Versamenti in conto capitale” che rappresentano una riserva di capitale che accoglie il valore di nuovi apporti operati dai soci, pur in assenza dell’intendimento di procedere a futuri aumenti di capitale;

     

    • i “Versamenti a copertura perdite” effettuati dopo che si sia manifestata una perdita; in tal caso, la riserva che viene a costituirsi presenta una specifica destinazione».

    Pertanto, in caso di rinuncia di crediti da parte dei soci, secondo quanto specificato, se trattasi di debiti verso soci per finanziamenti iscritti nella voce D) 3) del passivo dello Stato Patrimoniale la scrittura sarà “Debiti verso soci per finanziamenti a Altre riserve”. Se trattasi di debiti verso fornitori (soci imprenditori) iscritti nella voce D) 7) la scrittura sarà “Debiti verso fornitori (soci imprenditori) a Altre riserve”. Se trattasi di debiti verso fornitori nei confronti di imprese controllate, collegate o controllanti, come specificato nel Principio contabile OIC 19, questi sono iscritti rispettivamente nelle voci D9, D10 e D11, e pertanto, qualora si tratti di Debiti verso controllanti la scrittura sarà “Debiti verso controllanti a Altre riserve”.

    Il finanziamento dei soci, in seguito alla rinuncia può inoltre essere convertito in capitale sociale, mediante un’operazione di aumento di capitale sociale, mediante compensazione, da parte dei soci finanziatori (futuri sottoscrittori) del credito vantato verso la società.

    Nel caso in cui si tratti di una rinuncia del socio ai crediti nei confronti di una società partecipata, il principio contabile OIC 21, in tema di partecipazioni dispone che: «un metodo con il quale si può realizzare un aumento di capitale in una partecipata è costituito dalla rinuncia ad un credito vantato dal socio nei confronti della partecipata. In questo caso la contropartita dell’annullamento, totale o parziale, del credito in capo al socio va ad aumentare il valore della partecipazione. Se la rinuncia al credito costituisce versamento a fondo perduto, anziché aumento di capitale, non muta la contabilizzazione, e si producono, quindi, un incremento della partecipazione in capo al socio ed un accrescimento del patrimonio per la partecipata».

    In entrambi i casi sopra illustrati la scrittura contabile che dovrà fare la società rinunciante sarà “Partecipazione in società X a Crediti verso società X”.