Il reato di omesso versamento dell’Iva è un reato “unisussistente” che si consuma al momento della scadenza del termine per l’adempimento del versamento (entro il termine del versamento dell’acconto per il periodo di imposta dell’anno successivo). Il reato di omesso versamento di IVA, previsto dall’art. 10-ter del D.Lgs. n. 74 del 2000, prevede la pena della reclusione da sei mesi a due anni per chiunque non versa, entro il termine per l’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore ad € 250.000 per ciascun periodo d’imposta.
Tale soglia è stata innalzata dal 22 ottobre 2015 (art. 8 D.Lgs.n. 158/2015), mentre precedentemente era di € 50.000. L’innalzamento della soglia di punibilità rappresenta un’ipotesi di parziale abrogazione del reato anche con riferimento alle condotte poste in essere sotto la vigenza della precedente formulazione della norma incriminatrice. Infatti detta soglia è un elemento costitutivo della fattispecie legale astratta di reato e la sua modifica rende nuova la fattispecie speciale rispetto alla precedente, in quanto ne restringe l’ambito applicativo, lasciando spazio soltanto a misure sanzionatorie di tipo amministrativo per l’omesso versamento inferiore alla somma indicata dalla norma.
Dal 22 ottobre 2015, data di entrata in vigore della riforma del sistema sanzionatorio penal-tributario, in attuazione della legge delega fiscale n. 23/2014, l’estinzione totale e quindi non parziale del debito tributario – comprese sanzioni ed interessi – prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, permette di beneficiare della non punibilità per il reato di omesso versamento dell’IVA.
Il comma 1 dell’art. 13 del D.Lgs. n. 74 del 2000, prevede la non punibilità dei reati di omesso versamento delle ritenute certificate (art. 10-bis), omesso versamento di IVA (art. 10-ter) e indebita compensazione limitatamente all’ipotesi relativa ai crediti non spettanti (art. 10-quater, comma 1) in caso di estinzione integrale del debito, anche mediante procedure conciliative di adesione, prima dell’apertura del dibattimento.
Certamente l’intenzione del legislatore è quella di incentivare il contribuente ad assolvere al debito tributario cui si era sottratto e di evitare lo svolgimento del processo penale tenuto conto, altresì, del fatto che in dette ipotesi criminose il contribuente inadempiente non ha celato il proprio debito tributario ma ha solo omesso di adempiervi.
L’estinzione del debito deve avvenire prima della dichiarazione di apertura del dibattimento. Ciò non esclude che il pagamento del debito, comprensivo di sanzioni amministrative e interessi, possa avvenire già in fase di indagini preliminari e udienza preliminare nonché prima che il procedimento penale venga definito con riti alternativi (rito abbreviato o patteggiamento)[1].
DOLO GENERICO
L’elemento soggettivo del reato di omesso versamento di IVA, previsto dall’art. 10-ter del D.Lgs. n. 74 del 2000, è il dolo generico, integrato dalla condotta omissiva posta in essere nella consapevolezza della sua illiceità[2] da estendersi anche alla consapevolezza del superamento della soglia di punibilità, individuata, a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 158 del 2015, in 250.000 euro, a nulla rilevando i motivi della scelta dell’agente di non versare il tributo. (Cass. pen. Sez. III, 26/06/2018, n. 43637)
MOMENTO CONSUMATIVO E SUCCESSIONE NELLA CARICA DI AMMINISTRATORE
In tema di omesso versamento dell’ IVA, il reato omissivo previsto dall’art. 10-ter d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74[3] consiste nel mancato versamento all’erario delle somme dovute sulla base della dichiarazione annuale che, tranne i casi di applicabilità del regime di “IVA per cassa”, è ordinariamente svincolato dalla effettiva riscossione delle somme-corrispettivo relative alle prestazioni effettuate (Cass. pen. Sez. III Sent.,…